Il Castelluccio, collocato sulla cinta muraria in posizione opposta al Castello Grande, era adibito al corpo di guardia e all’alloggio dei soldati; rimangono sono pochi resti.
Del Castello Grande rimangono solo i resti di una parete in cui si aprono una monofora ed alcune feritoie, facente parte di una torre a pianta probabilmente rettangolare che si erge al centro di alcune strutture murarie. La monofora, al centro della parete, dava luce al secondo ed ultimo piano della fabbrica.
Le figure scolpite rappresentano un baccanale: baccanti armati di tirso, fauni ebbri, ballano attorno alle are dove risplende il fuoco dei sacrifizii.
Il sarcofago è stato trasportato a Sclafani Bagni dopo la distruzione di Imera, forse acquistato dai conti di Sclafani, era dapprima collocato nel castello e serviva a conservare le ossa dei signori di Sclafani.
"Die VI aprilis XIII Inditionis 161ó Magister Antonius ( sic ) la Valli civis panhormi hic sclafani repertar m.n.c. coroni nobis spante se obligavit et obligat R.do Don Sebastiano La Chiana vicario et canonico sclafani m.n.c. presenti et stipulanti pro usu et commoditate et decoro venerabilis maioris ecclesie eiusdam terre ci lacere unum organum bene et diligenter tic magistrabiliter.. etc".
Nella gloriosa storia della Chiesa Madre di Sclafani Bagni entra dunque uno degli organari siciliani più illustri: Antonino La Valle. Questi, figlio del celebre Raffaele La Valle, fu uno dei più rinomati organari di Sicilia del XVII ed autore di un buon numero di organi fra cui quello in cornu evangelii della Cattedrale di Cefalù (1614), della Chiesa di Caltavuturo (1619) e della Chiesa Madre di Collesano (1626).