Lo StemmaLo stemma attuale è quello antico già adottato dalla famiglia Sclafani: "scudo ovale partito di nero e d’argento, con due grue affrontate dell’uno e dell’altro".
Nella foto lo stemma sulla Porta Soprana


Il CastellettoIl Castelluccio, collocato sulla cinta muraria in posizione opposta al Castello Grande, era adibito al corpo di guardia e all’alloggio dei soldati; rimangono sono pochi resti.



Il Castello GrandeDel Castello Grande rimangono solo i resti di una parete in cui si aprono una monofora ed alcune feritoie, facente parte di una torre a pianta probabilmente rettangolare che si erge al centro di alcune strutture murarie. La monofora, al centro della parete, dava luce al secondo ed ultimo piano della fabbrica.

La Chiesa Madre
In una prima fase la chiesa, situata a ridosso dell'area del castello, fu probabilmente fondata come chiesa palatina al servizio dei signori di Sclafani, con dimensioni notevolmente più ridotte di quelle odierne. È possibile che gli interventi trecenteschi d'espansione e qualificazione urbana, tradizionalmente riconosciuti all'opera di Matteo Sclafani, abbiano anche riguardato la chiesa (a questo periodo si data il portale ogivale tuttora esistente).

Oggi la chiesa presenta un impianto a tre navate, separate da arcate, ampio e profondo presbiterio ed una seconda porta d'ingresso mentre gli altari laterali, noti dalla documentazione, sono stati soppressi o ampiamente modificati. La torre campanaria, massiccia, serra il prospetto principale come una torre fortificata.

La Chiesa Madre
Nella sua conformazione attuale, la chiesa presenta un impianto a tre navate con tre absidi, alto campanile laterale e prospetto seicentesco che dà su un'ariosa piazzetta.

La chiesa, di ignota origine, è menzionata per la prima volta in un documento del 1573, relativo alla riparazione del portale. Altri lavori in pietra sono documentati nel 1596. Negli stessi anni viene ricostruito il campanile e la campana viene ordinata da un maestro fonditore di Tortorici. Sono documentati inoltre restauri agli archi della chiesa nel 1620 e nel 1628 il rifacimento della volta. Nel 1648 viene rifatto dal "maiolicaro" Vincenzo Cellino di Collesano il pavimento, un brano del quale si conserva tuttora in un angolo dell'edificio. Il pavimento si presenta in mattonelle maiolicate bipartite in bianco e verde, con una decorazione a campanule (definita nelle descrizioni "ad occhio di bue"). Nel 1664 fu realizzato il nuovo portale dal lapicida Antonino Barchi, con bottega in Caltavuturo.

La Chiesa di San Giacomo - Vista esterna, prospetto principaleChiusa al culto e in precarie condizioni, la chiesa, di ignote origini, è ricordata la prima volta in un documento del 1573, relativo alla realizzazione di affreschi. Il culto del santo titolare, patrono delle milizie aragonesi, era stato probabilmente introdotto nel Quattrocento. Una riqualificazione dell'interno, con il rifacimento degli archi delle navate, con colonne e capitelli risale all 1628. Al 1598 e al 1611 risalgono alcuni lavori nel campanile.

L'edificio è a tre navate, separate da archi sostenuti da colonne in pietra, con cappelle laterali decorate e in facciata un portale, attualmente danneggiato.

Il portale fu forse iniziato nel 1663 dal lapicida Antonio Barchi, che doveva prendere a modello quello "dell'oratorio delle Anime del Purgatorio in S. Pietro a Caltavuturo”, e realizzato tra il 1666 e il 1667 dai lapicidi della famiglia Palumbo, compresa una statua di San Giacomo, attualmente rimontata sulla facciata della chiesa di San Pietro.

Il sarcofago grecoLe figure scolpite rappresentano un baccanale: baccanti armati di tirso, fauni ebbri, ballano attorno alle are dove risplende il fuoco dei sacrifizii.

Il sarcofago è stato trasportato a Sclafani Bagni dopo la distruzione di Imera, forse acquistato dai conti di Sclafani, era dapprima collocato nel castello e serviva a conservare le ossa dei signori di Sclafani.

L'Organo a canne"Die VI aprilis XIII Inditionis 161ó Magister Antonius ( sic ) la Valli civis panhormi hic sclafani repertar m.n.c. coroni nobis spante se obligavit et obligat R.do Don Sebastiano La Chiana vicario et canonico sclafani m.n.c. presenti et stipulanti pro usu et commoditate et decoro venerabilis maioris ecclesie eiusdam terre ci lacere unum organum bene et diligenter tic magistrabiliter.. etc".

Nella gloriosa storia della Chiesa Madre di Sclafani Bagni entra dunque uno degli organari siciliani più illustri: Antonino La Valle. Questi, figlio del celebre Raffaele La Valle, fu uno dei più rinomati organari di Sicilia del XVII ed autore di un buon numero di organi fra cui quello in cornu evangelii della Cattedrale di Cefalù (1614), della Chiesa di Caltavuturo (1619) e della Chiesa Madre di Collesano (1626).